Premio Architetti, la periferia batte il capoluogo 5 a 1 

Ieri al «Noi» i progetti scelti dall’Ordine dell’Alto Adige A Bolzano solo la piazza di Fierro. Il migliore è a Brunico


di Davide Pasquali


BOLZANO. Alla fine Bolzano ha prodotto solo una piazza. Che è poi quello spazio enigmatico, solo apparentemente vuoto ma in realtà pieno di presenze inquiete, che ha trasformato un non luogo tra i palazzi del potere provinciale in un manifesto che segna il confine tra architettura pensata e anonimato. E infatti è andato a Stanislao Fierro e alla sua nuova piazza Magnago il IX Premio di architettura Alto Adige riservato alla sezione “spazi aperti”. Quello assoluto invece allo studio Pedevilla di Brunico per una piccola abitazione a Molini di Tures. Con gli altri premi di sezione sparsi tra Termeno (le cantine ipogee di Elena Walch immaginate da David Maria Stuflesser, sezione “turismo e lavoro”), Valdaora (l'asilo di Feld72, “edifici pubblici”) ), Fortezza (il forte rivisitato da Markus Scherer, “interventi sul costruito”) e Sarentino (il Bad Schoergau sempre di Pedevilla, per la sezione “interni” ) . Dunque, il territorio. Che mostra ancora una volta di muoversi con maggiore coraggio e ricerca del possibile rispetto al capoluogo. Il quale appare drammaticamente bloccato da una evidente carenza immaginativa. Le cause? Detto in sintesi: un contesto che non favorisce la concorrenza, abitato da una committenza che è spesso autoreferenziale, da una richiesta indotta di architetture esclusivamente funzionali il cui risultato è una corsa all'uniformità progettuale. Pochi canoni e ben diffusi. E una quasi totale assenza di presenze iconiche, di prove che possano ricondurre ad una ricerca. Questo lo dice, se pur a mezza voce anche Carlo Calderan, ai vertici della Fondazione Architettura, che ha curato il percorso del premio la cui assegnazione, ieri al “Noi”,non ha una cadenza precisa, può essere annuale o triennale e comunque è in grado di seguire l'evolversi dei tanti progetti sparsi per il territorio. Appunto, il territorio. «Una bella domanda questa sul perché all'esterno del capoluogo ci sono tanti esempi di bella architettura e invece in città no» dice l'architetto. Che torna a chiedere, come un po' tutto l'Ordine, un ritorno massiccio ai concorsi di architettura da parte degli enti pubblici e un contesto amministrativo che sia più in grado di privilegiare le scelte coraggiose rispetto a quelle mestamente ripetitive. Sarà che in provincia ci sono più privati disposti a percorrere i sentieri dei progetti innovativi, sarà perché gli stessi immobiliaristi possono muoversi in un contesto meno fatto di cartelli e più concorrenziale, sta di fatto che sono decenni che gli edifici nel territorio sono molto più stimolanti di quelli cittadini. E quest'ultimo premio lo testimonia. La casa di Molini di Tures, ad esempio. C'è la quasi certezza, a guardarla, che un'abitazione così a Bolzano non sarebbe neppure entrata nell'ufficio della nostra committenza, pubblica o privata che sia. Niente balconi o terrazzi, poche finestre ma tutte mirate al paesaggio. Una capacità di rompere col bello delle linee, il disordine di una piccola periferia informe. Un ordine fuori dall'ordinario. E la possibilità di divenire un modello. A sua volta molto sostenibile. Carlo Calderan, nel presentarlo, ieri sera, ha parlato di possibilità «che una buona abitazione non sia un privilegio».

E infatti questa premiata è privilegiata solo dal fatto di essere frutto di una ricerca e non per i suoi costi o impatti. E poi la grande operazione di ripristino per eventi e arte del forte di Fortezza da parte di Scherer, il pluripremiato, anche nella capitale del design, Milano, dell'asilo di Valdaora dello studio Fedl72, le cantine a Termeno dentro un preesistente parco e infine ancora Fierro per la sezione "export" per un progetto a Baza in Spagna che oltre a riqualificare l'edificio esistente, ridefinisce tutto uno spazio urbano circostante. (p.ca.)













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