Solo umiltà e rispetto fanno cogliere i valori nascosti nella montagna

di Fausta Slanzi L’estremo rispetto per sé stesso, per l’altro e per la montagna sono i valori e le cifre distintive dell’uomo e alpinista Elio Orlandi. La sua bilancia pende sempre dalla parte...


di Fausta Slanzi


di Fausta Slanzi

L’estremo rispetto per sé stesso, per l’altro e per la montagna sono i valori e le cifre distintive dell’uomo e alpinista Elio Orlandi. La sua bilancia pende sempre dalla parte delle relazioni e “in questo tempo sbandato”, troppo incline alla corsa e alla sfida ad ogni costo, il suo esempio diventa traccia sicura per chi sa guardare e vuole vedere. Ora, dopo le esperienze di regista e documentarista, il fortissimo rocciatore nato nel Brenta meridionale, affida alla scrittura il compito di trasferire (anche su carta) quella sua sensibilità e bellezza che ne hanno fatto un alpinista atipico, un uomo libero abituato a lasciar spaziare la mente e l’anima nei luoghi belli del mondo reale e di quello interiore. “Il richiamo dei sogni, La montagna in punta di piedi” viene presentato proprio in questi giorni al pubblico delle rassegne estive di incontri con l’autore e sta riscuotendo ovunque un grande interesse.

Elio Orlandi è figlio della montagna: lo è di fatto perché vi è nato, lo è nell’animo perché ha imparato a guardare al mondo filtrandolo con la bellezza della cultura del mondo alpino. La sua famiglia d’origine, padre contadino e malgaro, ha saputo trasferirgli il fascino della semplicità che è - anche - capacità di cogliere appieno l’importanza e il valore della vita. Gioie, dispiaceri e dolori hanno un degno posto e funzione e le esperienze temprano le persone trasferendo negli occhi l’essenza delle loro anime. E, gli occhi di Elio, raccontano di un mondo che concede spazio all’infinito, che apre la porta allo stupore, che porge gentile riguardo all’umiltà, che si inchina - ancora - alla maestosità e alla forza della montagna e della natura.

Quale è il messaggio più importante che esce dal “richiamo dei sogni - La montagna in punta di piedi”?

Sono d’accordo con una frase che ho sentito ripetere a Cesarino Fava, un grande saggio. “Non è importante la fama di un alpinista o la grandezza delle sue imprese ma è importante quello che una persona sa trasmettere con il suo modo di essere e di fare”. Nel libro ho portato a galla la mia interiorità, non solo arrampicate ma anche il racconto delle piccole cose che fanno grande la scalata, un obiettivo, un grande viaggio.

Un rapporto speciale, quello fra Orlandi, la montagna e l’alpinismo.

Ho voluto dare al mio alpinismo un’impostazione particolare, di normalità. Ho sempre vissuto l’alpinismo come una specie di evasione, qualcosa che mi distoglie dal lavoro, dalle incombenze della quotidianità. La parola evasione mi piace molto nel campo della montagna perché penso che l’alpinismo sia una delle ultime libertà che abbiamo per vivere un’esperienza in maniera personale. Un mondo ritagliato solo per noi. Se viviamo la montagna in modo riservato si riescono a cogliere i valori, i regali che ci fa, bisogna saperli cogliere con umiltà e rispetto. Sono dei favori che la montagna ci fa.

Nel 2010, in condizione molto difficili da ogni punto di vista, il gesto più bello che una persona possa co. mpiere: lei ha scavato per lunghe angoscianti ore finché ha trovato il corpo dell’amico Giac (Fabio Giacomelli) ai piedi del Cerro Torre, un’esperienza umana di grandissimo spessore. A distanza di qualche anno, come la vive?

Fabio è stato uno dei miei amici più fraterni e importanti. Non passa giorno che non pensi a lui e ancora adesso non so allentare quel legame unico che mi legava a Giac, prima o poi devo riuscirci e lasciarlo andare. Direi che l’impronta che Giac mi ha lasciato dentro è troppo profonda ed è per questo che non riesco a lasciarla andare. Penso che se dai valore assoluto al rapporto tra persone, quello che ho fatto fosse semplicemente da fare. Ci vuole grande forza, grande equilibrio ma in quei momenti mi sono sentito addosso una grande fragilità.

Lei è uno dei conoscitori più profondi della Patagonia:cosa affascina di quelle straordinarie montagne?

Forse, prima di tutto, la diversità dal nostro ambiente, i grandi spazi che continuano ad attirarmi molto. Oltre alla natura diversa c’è ancora l’occasione di vivere un alpinismo libero. Senza tanti obblighi o royalty da pagare, laggiù vivi la libertà adattandoti a quel tipo di alpinismo e a quell’ambiente, accentando regole davvero impegnative. Mi affascina il rapporto umano con tanta gente di El Chalten.

C’è anche un legame umano e affettivo con la gente del posto? Il destino è stato particolarmente esigente: le ha imposto un’altra vicenda dolorosa, mi riferisco alla tragedia dell’elicottero in cui perse la vita il pilota Roberto Bezzi. Cosa le ha insegnato tutto questo?

Il 2010 e il 2011 sono stati due anni che mi hanno messo a dura prova: non solo per Giac e Roberto ma anche per altri incidenti sul lavoro. Sono vicissitudini della vita, segni della vita che fanno molto riflettere. E’ allora che, se ti fermi davanti ai fatti quotidiani banali o inutili, ti chiedi: ne vale la pena? Credo che le esperienze dolorose portino a riflettere molto: diventi filosofo per forza. Quando si vivono tanti fatti che ti fanno vedere la “fine”, nei lunghi momenti di crisi e difficoltà guardi alla vita con più profondità e vivi di più la dimensione interiore accettando, la vita di tutti i giorni in maniera diversa: scarti l’effimero di ogni giorno.

Dopo aver realizzato alcuni documentari, la scrittura. C’è uno strumento di comunicazione con cui ha maggiore familiarità?

E’ una ricerca interiore, un modo di trasmettere le proprie emozioni. In tutte e due queste espressioni voglio evitare gli eroi, i super uomini, le imprese, voglio dare un messaggio di come vivo la montagna. Faccio emergere di più le emozioni e le sensazione, emerge l’interiorità perché è importante vedere le cose e non solo guardarle. In certi documentari ho avuto la voglia di rappresentare in modo diverso la montagna affrontando alcuni personaggi, cercando di trasmettere ciò che riuscivano a dare ad emozionare. Raccontando le rinunce che non sono sconfitte ma divengono una forza.

Qual è il messaggio per un giovane “stregato” dalla montagna?

La passione la scegli, la costruisci e va portata fino in fondo in armonia con il rispetto per sé stessi e gli altri. Senza diventare schiavi o fanatici della propria passione.













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