BOLZANO

«Violenti e pronti a tutto»  

Si sono fatti scudo col gioielliere Gasperini e hanno cercato di disarmare un agente


di Paolo Tagliente


BOLZANO. Quando la polizia ha fatto irruzione nella gioielleria, prima si sono fatti scudo con il titolare Sergio Gasperini, che avevano immobilizzato qualche istante prima con delle robuste fascette da elettricista, e poi, quando uno dei due malviventi è stato neutralizzato, l’altro ha ingaggiato una breve colluttazione con un agente, tentando di sfilargli la pistola dalla fondina. Tentativo andato a vuoto grazie alla pronta reazione del poliziotto, che ha comunque riportato la slogatura di un dito.

Una scena violenta e drammatica che ben racconta la determinazione e la pericolosità dei due rapinatori arrestati venerdì sera mentre cercavano di portare a termine una rapina alla gioielleria Gasperini, al civico 11 di via San Quirino. La quarta, secondo gli investigatori della questura, di quella che è stata battezzata “la banda del venerdì” perché in tutti e quattro i casi i malviventi sono entrati in azione in quel giorno, ogni volta poco prima della chiusura delle attività prese di mira.

LA CATTURA L’altro ieri ci hanno riprovato. Anzi, ci erano riusciti, ma hanno dovuto fare i conti con un pizzico di sfortuna e la preparazione della polizia. A far saltare i loro piani è stato un investigatore non in servizio della Squadra mobile. L’uomo, infatti, era in giro con la madre al volante della sua auto quando s’è imbattuto in uno scooter con due persone a bordo che ha subito attirato la sua attenzione. Si trattava, infatti, di un Piaggio Beverly la cui targa iniziava con le lettere “DY”, stesso modello di scooter e stessa targa (rubata e modificata per renderla ancora più difficilmente rintracciabile) che le telecamere di sicurezza avevano immortalato nelle altre rapine compiute negli ultimi due mesi in città. E così, ha iniziato a pedinare i due, mettendosi subito in contatto con i colleghi della centrale. Arrivati in via San Quirino, i due hanno parcheggiato e sono entrati nella gioielleria. A quel punto, è scattata la trappola e sono arrivate le auto della polizia.

LA SCENA Quando il personale della questura – Squadra volante, due pattuglie antirapina della Squadra mobile – ha fatto irruzione, la scena che si è presentata lasciava pochi dubbi sulla natura della visita dei due “clienti” arrivati con lo scooter sospetto. I due avevano indossato due maschere di lattice, impugnavano una pistola (solo in secondo momento si è appurato che si trattava di una scacciacani del tutto identica a una Beretta 92 calibro 9) e s’erano già impadroniti di gioielli e contanti per una valore complessivo che si aggirava attorno ai 25/30 mila euro. A terra, con le mani legate con robuste fascette in plastica, il titolare dell’attività commerciale. Ne è seguito il parapiglia descritto all’inizio dell’articolo e conclusosi con i due banditi ammanettati. Si tratta di un ventenne e di un trentenne, entrambi italiani, arrivati da una provincia che confina con quella di Bolzano. Il trentenne ha precedenti specifici alle spalle mentre l’altro è incensurato. Anche stavolta la Procura di Bolzano, che coordina le indagini, non ha permesso che fossero forniti non solo i dati anagrafici degli arrestati, ma nemmeno la loro provenienza. «Ragioni investigative» spiegano in questura, dove si lavora ancora per raccogliere elementi che confermino il coinvolgimento dei due arrestati nelle altre tre rapine e risalire a un probabile terzo elemento della banda. Ma è un dato di fatto che ormai da mesi gli autori di rapine, spaccate e altri crimini violenti, arrestati a Bolzano da polizia e carabinieri al termine di brillanti operazioni, posso anche godere dell’anonimato.













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