Il racconto

La donna finita in bici sotto il camion a Bolzano: «Pochi centimetri e sarei morta»

Lediana Almici, bolzanina di 50 anni: «Battevo per dirgli di fermarsi. Se avesse proseguito mi avrebbe schiacciata con la ruota». La tragedia sfiorata mercoledì in via Mayr Nusser. Stava pedalando sulla ciclabile quando è stata investita da un mezzo di 24 tonnellate.



Bolzano. «Il camion è apparso in una frazione di secondo, ho provato a frenare, ma era troppo tardi. Mi sono trovata là sotto, tra le ruote anteriori e quelle posteriori. Urlavo e battevo per dirgli di fermarsi. Se avesse proseguito ancora per pochi metri, sarei morta». Lediana Almici, bolzanina di 50 anni, racconta l'incidente con la voce ancora scossa. Mercoledì mattina è sopravvissuta ad uno schianto potenzialmente fatale: mentre pedalava sulla ciclabile temporanea di via Mayr Nusser un camion, che viaggiava nella stessa direzione, ha svoltato per entrare nel cantiere del Waltherpark. La ciclista ha tentato di frenare con la bici elettrica, ma complice l'asfalto bagnato e la ghiaia del cantiere, non ha potuto evitare l'impatto, finendo incastrata sotto il mezzo di 24 tonnellate. L'autista non si è accorto di niente e stava proseguendo la manovra. La prima delle ruote posteriori ha schiacciato la bicicletta e avrebbe continuato con il corpo della donna, se alcuni operai non fossero accorsi per fermarlo pochi istanti dopo. Una tragedia sfiorata, che lei stessa definisce un «miracolo».

«Accenderò un cero», racconta raggiunta al telefono, «Uno dei soccorritori mi ha detto di segnarmi la data di ieri come un secondo compleanno. Di certo non lo dimenticherò mai. Non mi importa delle ferite, guariranno. Per me l'unica cosa che conta è di essere viva... e che mi venga rimborsata la bici...», racconta facendosi scappare una piccola risata. «È andato tutto bene», sospira.

L'autista

L'uomo che guidava il camion da cantiere ha raccontato agli agenti della polizia municipale di avere controllato più volte gli specchietti, ma di non essersi accorto della bici. Ha circa l'età della vittima, ed è residente in Trentino. È sceso dalla cabina disperato e sconvolto. «Era ancora più sotto shock di me», prosegue Almici, «Lo vedevo con le mani tra i capelli. Io, da sotto il camion, cercavo di chiamarlo per dirgli di non preoccuparsi, che stavo bene. Sentivo malissimo, ma riuscivo a muovere le gambe e le dita dei piedi. I soccorritori non riuscivano a tirarmi fuori, ed ho dovuto farmi forza con le braccia», racconta, «Nel pomeriggio ho cercato di contattare l'autista al telefono, e sono riuscita a parlare con il fratello. Mi ha detto che è un tratto di strada complicato, e in quel momento doveva stare attento alle bici che arrivavano contro mano nell'altra direzione e alle macchine. Probabilmente non mi ha visto, perché ero nel punto cieco. Non gli do la colpa, però è un punto davvero rischiosissimo». Ciò che è accaduto mercoledì ne è una prova. «Prima o poi un incidente doveva succedere», prosegue.

L'odio social

Nelle scorse ore Lediana Almici ha ricevuto sui social molte frasi di vicinanza e auguri di pronta guarigione. Ma altrettanto grande è stata l'ondata di odio ingiustificato che si è scatenata contro di lei. «Ce l'hanno con i ciclisti: per alcuni è sempre colpa nostra. Ma non si può fare di tutta l'erba un fascio», racconta amareggiata. E conclude: «Io sono sempre prudente, tengo le luci accese ed evito manovre pericolose. Non ho visto il camion fino all'ultimo. Stavo andando piano, il tratto è anche in salita. Tra l'altro avevo fatto il giro largo proprio per evitare di dover pedalare in mezzo alla strada, ho preferito la ciclabile. Ci sono rimasta davvero male a leggere alcune cose». M.A.













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