Rösch: «Mi davano del visionario?  Io uomo del fare» 

Il bilancio del sindaco al giro di boa della legislatura «In giro tante vipere, ma sto realizzando ciò che volevo»


di Giuseppe Rossi


MERANO. Dalla sua elezione a sindaco di Merano, per certi versi clamorosa, capace di infrangere il predominio meranese della Svp, sono passati due anni e mezzo. Il giro di boa della consiliatura 2015-2020 è già stato fatto. Come si sente a metà cammino il sindaco Paul Rösch? «Beh, sinceramente se mi guardo allo specchio mi sento bene» premette il sindaco. «Sto realizzando tutto quello che mi ero prefissato di fare, ma soprattutto con questa coalizione stiamo muovendo la città».

In che senso sindaco?

«Nel senso che uno dei motivi per i quali mi sono candidato a sindaco è stato quello di essere stanco di vedere una città sempre immobile, dove nessun progetto andava avanti o addirittura progetti pensati che venivano stoppati da questa o quella corrente di partito».

Ora si vede bene allo specchio, ma all'inizio era anche così?

«Non posso negare che nel primo anno ho fatto degli errori, anche di comunicazione, ma erano in buona fede, compiuti per la voglia di fare. Mi ricordo ancora che qualcuno a fine 2015 mi disse, sindaco calmati non strafare e non esagerare».

In questi due anni e mezzo di governo chi ha deluso le sue aspettative e di chi invece ha cambiato idea in positivo?

«Avevo all'inizio paura della rigidità ideologica dei Verdi, oggi lavoro invece con un team aperto alle idee e alle proposta, una squadra molto costruttiva».

Le delusioni invece?

«Ne ho avute tante, non una in particolare. Le confido una cosa: in giro ci sono tante vipere. Ma per questo il sindaco di una città deve imparare ad avere le spalle robuste per resistere agli spintoni. E poi deve sopportare tanto, senza farsi distrarre dai suoi obiettivi».

A proposito di spalle robuste, come si trova con il suo principale partner di giunta, la Svp?

«Dentro la giunta i rapporti con gli assessori Svp sono buoni. Rilevo invece molte pressioni, molte spinte destabilizzanti da esponenti Svp che arrivano dall'esterno. A me piace lavorare con chi è costruttivo, con chi si confronta anche in maniera critica. Odio invece chi dice sempre di no, magari anche per partito preso».

Nel primo periodo forse non aveva capito che la politica non è come gestire la propria azienda?

«Ho imparato che in politica bisogna coinvolgere, prima di presentare un progetto trovare una maggioranza che lo sostenga».

Molti avevano una immagine di Paul Rösch come visionario e poco concreto.

«Chi pensava così di me si sbagliava di grosso. Io sono un uomo del fare, mi ritengo ancora un bambino che vuole esplorare, fare».

Un anno fa ci aveva detto che nel 2020 non si sarebbe ricandidato, oggi non è che ci ha preso gusto e ha cambiato idea?

«Un anno fa le avevo detto che non faccio e non avrei fatto nulla nell'ottica di ricandidarmi. Sono una persona libera, in questo senso, non un politico classico che guada ai propri equilibri. Per il 2020 si vedrà, la porta non è chiusa, anche se devo dire che gli impegni e lo stress per un sindaco sono moltissimi. E a soffrirne sono il tempo libero e la famiglia».

Quindi dovremo lasciarci nuovamente stupire?

«Va bene, la metta così».

In molti l'hanno definita il sindaco amico dei preti come mai in passato per gli “affari” conclusi con gli ordini religiosi.

«Vorrei farle rispondere da chi mi conosce bene, ma meglio entrare nel merito. Se lei si riferisce allo scambio Maiense-Giardinerie-casa di riposo con l'ordine teutonico le dirò come stanno veramente le cose, ora gli accordi sono conclusi e posso parlare».

Quali rivelazioni dobbiamo attenderci?

«Niente di straordinario. Ma se fosse stato per quelli che lei chiama preti lo scambio Maiense-Giardinerie non si sarebbe fatto. L'ordine delle Dame inglesi ci aveva chiuso la porta in faccia dopo il nostro “no” a una futura possibile trasformazione del Maiense in cubatura da vendere sul mercato dell'edilizia privata».

E poi cosa è successo?

«È intervenuta Cristina Kury, che sapeva che l'ordine teutonico voleva realizzare a Merano una casa di riposo. È stata lei ad avvicinare i due enti religiosi e a orchestrare la vendita e quindi la permuta che ci consentirà di avere una scuola pronta a settembre 2018 e una casa di riposo da 150 posti letto in centro entro il 2020».

Se parliamo di case di riposo c'è un altro grande problema, l'assenza di una lista d'attesa unica a Merano.

«Arriveremo anche a questo, mi creda. E non passerà l'estate 2018. Stiamo predisponendo i criteri ai quali poi chiederemo alle case di riposo di attenersi. Sarà un grande risultato. I familiari delle persone non autosufficienti finiranno questo indecente pellegrinaggio tra case di riposo alla ricerca di un posto letto».

Molti le contestano anche l'approccio che la sua giunta ha con il traffico.

«Per noi nell'ordine arrivano prima pedoni, ciclisti, mezzi pubblico e poi le auto private. Non siamo però quelli che si divertono a mettere in difficoltà gli automobilisti per costringerli a lasciare l'auto a casa».

Interdire ponte Teatro alle auto che scendono verso via Piave, sembra invece un provvedimento di questo tipo, non crede?

«Via Petrarca non sarà danneggiata, vedrà. Senza auto che scendono da ponte Teatro, la rotatoria Petrarca-Piave sarà liberata dal traffico. Lo dicono gli esperti ai quali ci siamo affidati».

Rimangono i limiti dei 30 km/h, la raffica di multe in via Roma e il “balletto” degli speed check.

«Secondo le rilevazioni, nelle vie interessate erano state superate le soglie d’attenzione per l’inquinamento acustico. Siamo dovuti intervenire».

Dopo l'era Knoflacher e Fietta ora è arrivato il tempo dell'esperto svizzero Willy Hülser. Lo avete inserito dentro ogni possibile piano, progetto, commissione.

«È una persona competente, che di mestiere analizza il traffico e propone soluzioni. Lo abbiamo scelto per questo motivo, non perché dovevamo qualche favore a qualcuno, ma semplicemente perché è uno dei migliori».

La cultura è da sempre un suo pallino. Merano non sta spendendo troppo in questo settore?

«Non è mai troppo. Produrre cultura per me non è portare in città questa o quella grande mostra ma far incontrare persone, parlare, discutere. Con la cultura si crea rispetto. Per i 700 anni di Merano abbiamo speso mezzo milione di euro, mi creda davvero poco per quello che è stato fatto».

Siete riusciti alla fine a spendere il tesoretto da 57 milioni che si era ritrovato a fine 2016?

«Lo abbiamo usato per abbattere il debito e per ridurre così le spese correnti. Ora ci aspettano altri importanti interventi, come il futuro del centro lungodegenti Sant’Antonio, per il quale assieme alla Provincia stiamo cercando una nuova sede. E poi va recuperato un ventennio di mancati interventi nel settore scolastico. Penso alle scuole di Sinigo, al nuovo polo di Maia Bassa e alle scuole Einaudi».

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