Musica

Le"Diavolerie!" di Fresu & Co.

Il Devil Quartet protagonista da oggi al 30 novembre sul palco bolzanino con un’esclusiva mondiale. Paolo Fresu: «Dopo 20 anni di conoscenza possiamo permetterci di smembrare il gruppo e fare dei duetti, improvvisando e lasciandoci andare»


Daniela Mimmi


BOLZANO. È una "buona invenzione dell'Italian Style", come il critico musicale Vittorio Franchini etichettò il quartetto di Paolo Fresu, Devil, e aggiunse "Solo di jazz si tratta, sia pur spinto avanti..." . La band sarà al Carambolage di Bolzano per quattro serate, da oggi al 30 novembre sempre alle ore 20, con quattro spettacoli diversi. Ogni giorno presenteranno due set in cui nel primo Fresu incrocerà il suo strumento con quelli dei suoi colleghi: il primo giorno col drum-set di Stefano Bagnoli, il secondo con il basso di Paolo Dalla Porta, il terzo con la chitarra di Bebo Ferra, mentre i secondi set giornalieri e l'ultima giornata saranno dedicati completamente ai suoni che hanno reso celebre ed amato questo straordinario quartetto che, per l'occasione, presenterà anche materiale nuovo.

Il concerto, che non poteva avere titolo più azzeccato, ovvero "Diavolerie!", con tanto di punto esclamativo, sarà presentato per la prima volta in assoluta esclusiva mondiale. Abbiamo chiesto a Paolo Fresu come mai portano questa formula di concerto decisamente particolare a Bolzano e di cosa si tratta. «È una mia vecchia idea quella di smembrare il gruppo e fare dei duetti nel primo set soprattutto improvvisando e lasciandoci andare. Con Bebo Ferra ho spesso suonato in duo, e qualche volta con Dalla Porta. È un gioco divertente che possiamo permetterci di fare dopo 20 anni di conoscenza e musica in comune e il Carambolage è il posto perfetto».

Il Devil Quartet è stato fondato precisamente 20 anni fa. È cambiato solo il batterista danese Morten Lund, sostituito da Stefano Bagnoli. Cosa vi lega?

Il mio gruppo precedente si chiamava Angel Quartet e quando si è sciolto è nato Devil Quartet. Angeli e demoni. Con Ferra ci conosciamo dagli anni '80, è sardo anche lui. Ci siamo persi di vista perché lui stava a Milano e io a Bologna. Era il mio sogno suonare con lui. Dalla Porta lo conoscevo meno ma mi piaceva come bassista. Bagnoli non lo conoscevo ma mi piaceva come suonava la batteria. Questo gruppo è nato per scelta razionale, ragionata. Poi siamo anche diventati amici. Tra di noi c'è molta libertà, c'è molta energia, un dialogo musicale ma anche umano, oltre a amicizia, rispetto, c'è un bel clima sul palco e fuori dal palco. Inoltre tutti loro sono straordinarie personalità che in quartetto sanno fare un passo indietro.

Solo 3 album in 20 anni. Come mai?

A dire il vero sono 4 perché il primo è stato un live registrato alla Casa del Jazz a Roma che era venduto in edicola. Tutti noi abbiamo tanti progetti collaterali.

A Bolzano farete anche dei pezzi nuovi. Per un nuovo disco?

Abbiamo già registrato un disco che uscirà a metà del 2024 e che fa parte di un programma più vasto di cui ancora non posso parlare, per celebrare diversi anniversari.

A un certo punto, come ha scritto un critico francese, avete deciso di "posare le armi del male", e passare dall'elettrico all'acustico. Come mai?

Tutto è cominciato con l'album "Carpe diem". La chitarra è molto importante nel nostro gruppo, è quella che dà il colore. Bebo aveva iniziato come chitarrista acustico, noi l'abbiamo fatto diventate elettrico, poi gli abbiamo staccato la spina. Adesso direi che il gruppo non è né elettrico né acustico, o meglio è un po' elettrico e un po' acustico. Noi non ci facciamo problemi di passare da uno all'altro, di passare da Satisfaction a Un posto al sole.

Lei ha fondato una etichetta musicale, la Tuk Music, per aiutare i giovani musicisti. Com'è la situazione? Inventano qualcosa di nuovo?

C'è una creatività enorme in giro e di giovani da produrre ce ne sarebbero tantissimi, ma la Tuk è una piccola etichetta discografica anche se cerca di fare la major. Avere la mia etichetta discografica mi dà la totale libertà creativa. Diciamo che i miei dischi servono anche per aiutare i giovani.

Lei è spesso in Francia dove è famosissimo e molto amato. Là è meglio?

Lo era fino a 10-20 anni fa. Gli artisti francesi sono molto protetti dalla politica e questo paradossalmente non li aiuta, si sono seduti, timbrano il cartellino, il jazz francese ha perso smalto. In Italia ci sono tante proposte, tanti festival, tanti artisti bravi e creativi, ma non si aiuta chi vale. Mozart, Beethoven e Miles Davis ci sono anche oggi!

Il rock è malaticcio. Come sta il jazz?

Il jazz è in buona salute, ci sono tanti giovani creativi e di talento. Purtroppo la politica non aiuta quella che ingiustamente viene ritenuta una musica di nicchia. Quella che non va in televisione non interessa. Invece il jazz è la vera musica contemporanea perché è libera, aperta ed elastica. Il jazz non è morto, è solo diverso. Dovrebbe essere trattato con più cura.

Lei vive e ha nel cuore tre posti: Parigi, Bologna dove attualmente vive la la sua Sardegna e Berchidda dove da una decina di anni organizza il "suo" festival Jazz. Che posto ha nel suo cuore Bolzano dato che ci viene spesso?

Ormai posso chiedere la residenza! Qui è cominciata la mia carriera teatrale e per "Tempo di Chet" e poi per "Tango Macondo" sono stato qui mesi. Senza quelle esperienze non avrei mai fatto teatro e non sarei quello che sono. Poi ho suonato a tanti Festival del Jazz con Ciardi, le Cinque Giornate del Jazz a Conservatorio che c'era la fila fuori. Bolzano ormai è la mia seconda o terza casa. Il mio manager, Vittorio Albani, è di Bolzano, come pure il mio tecnico del suono. Qui la qualità della vita è alta, si mangia bene, si beve bene e si lavora bene. Sono contento di tornarci presto per il terzo capitolo della trilogia iniziata con "Tempo di Chat" e "Tango Macondo".













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