Made in Südtirol, le Vbb guardano a Gatterer 

Bolzani, dal 27 aprile al 12 maggio l’ innovativo progetto delle Vbb. La direttrice: «È ora di rivedere criticamente il passato»


di Daniela Mimmi


BOLZANO. Tutto prende le mosse dal romanzo di Claus Gatterer “Bel paese, brutta gente”. Da quelle pagine, da quei ricordi, nasce questo particolare progetto delle Vereinigte Bühnen Bozen, “Made in Südtirol. Meine Kindheit”, in scena dal 27 aprile fino al 12 maggio al Teatro Comunale di Bolzano. Lo spettacolo è il risultato finale di un progetto plurilingue del Theaterclub, realizzato in collaborazione con il Südtiroler Theaterverband e iniziato nel novembre scorso, al quale hanno partecipato una trentina di sudtirolesi innamorati del teatro. Tra quelli, sono stati scelti i 17 che saranno sul palco del Teatro Comunale per dare vita a questo “Made in Südtirol”. Chiediamo alla direttrice del Teatro Stabile in lingua tedesca, Irene Girkinger, come è nata l’idea di mettere in scena “la nostra giovinezza” in Alto Adige.

«Abbiamo cercato una nuova forma di teatro in cui gli amanti del teatro potessero salire sul palcoscenico del Teatro Comunale e provare a fare gli attori. Contemporaneamente volevamo elaborare un progetto che avesse uno stretto collegamento con il territorio. Mi sono ricordata del romanzo di Claus Gatterer, “Bel paese brutta gente. L’infanzia in Sudtirolo”, un libro che mi ha aiutato molto quando sono venuta qui a dirigere le Vbb, per conoscere un po’ meglio questa regione. Ho scoperto che molti sudtirolesi non conoscono questo romanzo. Il tema dell’infanzia e del ricordo ci è apparso subito come una interessante possibilità per portare sul palcoscenico i cambiamenti della società negli ultimi 60-70 anni. Abbiamo scelto ed elaborato soprattutto alcuni temi suggeriti dal libro, come la chiesa, la scuola, i giochi, la vita in quegli anni, e ne abbiamo parlato con i partecipanti».

Qual è lo scopo principale di questo progetto?

«È giunto il momento di prendere atto dei cambiamenti della nostra società, ripensare all’infanzia e alle esperienze che ci hanno segnato, porsi anche in modo critico nei confronti del passato, di certi atteggiamenti, di certe mentalità che hanno prevalso e che bisogna approfondire. È importante sapere chi siamo, come siamo, perchè siamo così e come eravamo».

Come è stato strutturato il progetto?

«Il nostro regista Christian Mair, insieme alla nostra responsabile della drammaturgia Elisabeth Thaler, ha diviso i partecipanti in piccoli gruppi per inquadrare e filtrare i temi di cui ho parlato sopra. Ogni gruppo si è incontrato regolarmente da gennaio una volta alla settimana, e ha elaborato il suo tema sia come ricordo che come presenza scenica».

Come avete fatto a rendere teatrali dei ricordi?

«Christian Mair, durante le prove, ha dovuto affrontare diversi problemi, soprattutto insegnare a non professionisti come muoversi sul palco, come parlare, respirare. Le diverse sequenze di ricordi sono state ordinate in modo drammaturgico grazie ad elementi scenici, come la scenografia, che definisce i ricordi, e la musica. Un fisarmonicista unisce tutti questi elementi».

In pratica, cosa vedremo sul palco?

«I diversi ricordi vengono presentati come se fossero delle storie e dei racconti e le azioni sul palco hanno il ritmo dei ricordi. Sul palco si gioca, si cucina, si ride, si parla...».

È emerso qualche episodio drammatico o particolare?

«Naturalmente le Opzioni o gli anni del terrorismo giocano ancora un ruolo importante nei racconti, soprattutto dei più anziani, come le punizioni corporali a scuola o in famiglia. Il tempo ha cambiato molti di loro».

In generale che fotografia viene fuori dei sudtirolesi?

«Questo deve giudicarlo ogni spettatore. Di sicuro quella sudtirolese è una società variegata, vivace e multilingue».

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