Droni «fatti su misura», sfida ai cinesi

L’azienda Soleon di Varna è specializzata nella progettazione e nella costruzione di queste sofisticate apparecchiature


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Anche in questo campo sono i cinesi a dettare legge: loro producono droni su larga scala. Noi invece siamo come un sarto: li facciamo su misura». Giancarlo Evangelisti, selling manager della Soleon, spiega così la differenza tra l’azienda di Varna, specializzata in questo settore, e i grandi competitor asiatici.

La ditta altoatesina, una delle poche che a livello nazionale progettano e producono in casa queste sofisticate attrezzature, di recente ha partecipato ad un convegno, organizzato al Tis. «Il nostro obiettivo - aveva spiegato Sebastian Mayrgündter, responsabile del comitato organizzatore dell’evento - è quello di preparare il campo per questo mercato non ancora decollato: secondo le previsioni il settore partirà per davvero solo nel 2016». La società è stata fondata nel 2009 da Michael Überbacher, che viene dal settore bancario, e Alex Walder, ingegnere: prima di occuparsi di droni, producevano impianti fotovoltaici. «Hanno cominciato a interessarsi di droni - racconta Evangelisti - perché con una termocamera montata su queste apparecchiature, si può andare facilmente ad individuare le celle fotovoltaiche danneggiate. Girando per le fiere, assieme alle richieste di impianti, hanno iniziato ad arrivare anche quelle di droni. È così che hanno deciso di dedicarsi esclusivamente a questo settore che ha grandi potenzialità di sviluppo. Colore scelto: l’arancione, perché visibile in qualsiasi situazione».

Come viene usato il drone?

«All’inizio era visto come una specie di giocattolo, adesso qualcuno lo vede come un apparecchio in grado di effettuare consegne a domicilio su larga scala oltre che una potenziale minaccia della privacy. È l’effetto delle suggestioni prodotte da film come Star Trek. La realtà è che il drone oggi è uno strumento da lavoro».

Quali sono i principali campi in cui viene utilizzato?

«In agricoltura ad esempio: l’installazione sul drone di una speciale attrezzatura consente di individuare, tra le altre cose, le piante malate. In campo geologico per i rilievi sul terreno; per le verifiche sugli impianti fotovoltaici. Per fotografie e riprese dall’alto. Certo, in prospettiva si può pensare di utilizzare questi apparecchi anche per le consegne a domicilio. Noi li abbiamo usati ad esempio per consegnare dei medicinali. Ma la strada credo sia ancora lunga».

È un problema di autonomia.

«Esattamente. Chi fabbrica le batterie sta lavorando per aumentarne l’autonomia che oggi in media non va oltre la mezz’ora».

Quanto costa uno dei vostri apparecchi?

«Si va dai 15 ai 20 mila euro. La cifra si spiega anche con il fatto che i materiali usati e le tecnologie di cui sono dotati i nostri droni - a sei, otto o dodici eliche - sono molto sofisticati, anche perché trasportano a loro volta apparecchiature costose per effettuare i rilievi».

Quanto pesano?

«Non più di tre chili e sono compattabili, in modo da facilitarne il trasporto».

Il drone come si comanda?

«Da terra».

E il “pilota” deve avere una licenza?

«Deve avere un certificato medico di seconda classe e aver frequentato un corso di 33 ore in cui vengono illustrate le principali regole del volo. Quindi si fa un’autocertificazione e si invia tutta la documentazione all’Ente nazionale aviazione civile. Inutile dire che come per qualsiasi altro veicolo è necessario avere un’assicurazione».

La legislazione italiana cosa prevede?

«Stabilisce che tutti i mezzi sotto i 25 chili possono operare in aree critiche e non».

Qual è la differenza?

«Critiche sono considerate le zone in prossimità di centri abitati. Per operare in queste aree sono necessarie autorizzazioni specifiche da parte dell’Enac».

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