La storia

«Aiutiamo i migranti come un atto politico e d'amore»

Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi hanno fondato a Trieste «Linea d’ombra»: tutti i giorni una rete di volontari da tutta Italia sfama, veste e cura centinaia di persone in arrivo lungo la rotta balcanica


Francesca Gonzato


BOLZANO. Come fate a reggere tutto questo? «Come potremmo non farlo? Quando entri in questa dimensione non riesci a vivere in modo diverso». Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi sono una coppia di vita e militanza. Lorena Fornasir ha lavorato come psicologa clinica, Franchi è un ex professore di filosofia. A Trieste hanno fondato Linea d'ombra, oggi una associazione, all'inizio semplicemente la decisione di non stare a guardare e recarsi tutti i giorni al Molo Audace e poi in piazza Libertà davanti alla stazione per aiutare migliaia di migranti in arrivo dalla rotta balcanica.

Sono partiti da soli, poco alla volta si è creata una rete importante, i «Fornelli resistenti», le «Cucine resistenti», volontari che arrivano a Trieste dal resto d'Italia per allestire almeno duecento pasti al giorno e prestare assistenza. Curano i piedi sanguinanti dei giovani uomini, più raramente donne e bambini, che giungono a Trieste per poi proseguire verso l'Europa del nord. Li vestono e li sfamano. «Ma non vogliamo che si dica che facciamo assistenza. Il nostro è un atto politico». E anche «un atto d'amore». E poi girano l'Italia nei fine settimana per raccontare Linea d'ombra e la rotta balcanica.

Sono stati ospiti a Bolzano di Spazio 77. Sala piena. «Diverse persone nuove», racconta Matteo De Checchi dell'associazione di via Dalmazia. «Mi è sembrato che ci fosse voglia di parlare anche di quanto succede qui», racconta Lorena Fornasir, «Noi siamo uno snodo della rotta balcanica, voi di quella del Brennero».

«Dovevamo fare i nonni»

Gli inizi. La coppia viveva a Pordenone. Nel 2015 si sono trovati nel pieno della prima ondata della rotta balcanica. «Il nostro impegno è iniziato così». Poi i flussi si sono fermati. Nel 2018 arrivano a Trieste. «Ci siamo trasferiti per fare i nonni». Ma no. «Questa città splendida dal cuore nero, di nuovo immersi nella rotta balcanica. Il trauma di un ragazzo schiacciato tra due container. Nel giugno 2018 ci siamo recati in Bosnia, un disastro umanitario». È scattata la molla.

Racconta Lorena Fornasir: «Ho iniziato a usare i social per mostrare cosa stava succedendo. Alcune amiche di Milano mi hanno inviato il primo denaro per gli aiuti». I viaggi sono diventati sette, «tornavamo a casa e ci capitava di trovare a Trieste alcuni ragazzi che avevamo conosciuto in Bosnia». Fare quello che c'è da fare. «È diventata virale una mia fotografia che mi ritraeva mentre curavo i piedi di un migrante».

Nel 2019 è stata costituita l'associazione Linea d'ombra. «Siamo stati costretti a questo passo istituzionale, perché ci avevano chiuso i conti bancari con accuse infamanti». Una indagine per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, risolta per il meglio, perché avevano ospitato per due giorni una famiglia. «Calunniano me per colpire la solidarietà», aveva dichiarato Franchi.

Non è solo assistenza

«Vogliamo essere un gruppo di attivisti che si occupano dei migranti in transito, non siamo solo assistenza». Lorena Fornasir racconta: «Quello che facciamo è un atto politico. Mio padre era partigiano, mia madre era partigiana, Maria Antonietta Moro. Ha lasciato un diario, pubblicato postumo. Da bambina mi portava alle manifestazioni davanti alla Zanussi». Ha esercitato il lavoro di cura nella professione di psicoterapeuta, se deve descrivere ciò che accade tutti i giorni a Trieste dice così: «Bisogna esserci, perché l'amore e il gesto della cura richiedono la presenza. L'amore è un atto politico, è la capacità di mettersi al posto di un altro».

Franchi aggiunge: «Queste persone ci stanno dando un segnale, ci annunciano la crisi che vivremo nel futuro. Dal 2014 la migrazione ha cambiato volto. All'inizio degli anni Duemila arrivavano soprattutto persone che volevano lavorare, operai. Oggi ci troviamo di fronte a persone in condizioni estreme, prodotto del colonialismo e dei disastri degli ultimi 30 anni». Il 70 per cento dei migranti sono di passaggio, raccontano. «Quando abbiamo iniziato pensavamo che ci avrebbero fermato, invece ci hanno lasciato fare, siamo come un olio che facilita il passaggio». Nei mesi caldi possono arrivare fino a 200 persone al giorno.

A Trieste è diventato famoso come simbolo di degrado il «Silos», magazzino asburgico abbandonato, vi dormono decine di persone senza acqua ed elettricità. «Sono convinta che l'emergenza venga creata ad arte per provocare rabbia e intolleranza verso i migranti», interviene Lorena Fornasir.

Dov'è la politica

«Non ho mai aderito a un partito», dice lei. L'ex professore rivendica una lunga militanza, «dal Pci sono uscito a sinistra, Avanguardia operaia e Lotta continua. I partiti di massa non esistono più, oggi ci sono solo gruppi di potere». E la politica? «Noi stiamo facendo politica, insieme a chi opera con noi. Siamo testimoni di una militanza, che parte dai bisogni e dal corpo. Toccare quei piedi feriti significa toccare la dimensione basilare della vita».

La rete

«È importante essere in piazza tutti i giorni, dalle 19 alle 2, perché gli arrivi sono soprattutto di notte», raccontano. È una piccola rete che cresce. Un gruppo di triestini e tutti i volontari delle altre regioni. Da Venezia arrivano quelli di Mediterranea, che tutte le sere organizzano i pasti. Si chiamano «Fornelli resistenti», poi sono nate le Cucine resistenti, altre persone dedicate al cibo. C'è il volontario che arriva dalla Toscana con il camper «e da solo sfama decine di profughi». Sopra le frontiere degli Stati, dicono, «c'è il diritto alla vita. L'obiettivo è costruire una rete europea perché i migranti possano andare dove vogliono».

La sofferenza

Come reggete tutta la sofferenza? «Aiutare una persona in difficoltà dà valore alla tua vita. Mi ricordo sempre che conduciamo una esistenza al sicuro», risponde Gian Andrea Franchi. «Il dolore è un maestro», così Lorena Fornasir, «L'esperienza dei corpi torturati significa condivisione, restituire dignità a persone rese non persone». Linea d'ombra non riceve finanziamenti pubblici. Opera grazie alle donazioni. «Nel 2023 abbiamo sostenuto 220mila euro di spese vive, più il vestiario donato. Significa che si è creata una solidarietà enorme. Come si può partecipare? «Si può effettuare una donazione alla associazione oppure sostenere il gruppo Wwmih (We Will Make It Happen) acquistando i buoni Decathlon per scarpe e vestiario».













Altre notizie

Attualità