Due mamme su tre nel settore pubbico stanno a casa 31 mesi

Un terzo rientra dopo 18 mesi. Nel privato si arriva a 9 mesi Mair: «Per la Provincia ci sono donne di serie A e serie B»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. Ulli Mair, consigliera provinciale dei Freiheitlichen, non va tanto per il sottile. E sottolinea – con i dati diffusi dalla Provincia in mano – l’incredibile disparità di trattamento tra le mamme che lavorano nel settore pubblico e quelle che invece sono impiegate nel privato. In base ai dati forniti dall’assessore Waltraud Deeg due terzi delle madri del «pubblico» rientrano dopo 31 mesi e un terzo dopo 18 mesi. Stupito anche il governatore altoatesino Arno Kompatscher che di figli ne ha sette. «Pensavo che il rapporto fosse 50 a 50. Continueremo a lavorare - ha spiegato ieri ad un quotidiano di lingua tedesca - affinché anche le mamme che lavorano nel settore privato possano avere la garanzia del posto. Realisticamente parlando dobbiamo riconoscere, peraltro, che si tratta di un traguardo molto ambizioso».

Ulli Mair, stanca dopo dieci anni di inutili promesse, iniziate con Julia Unterberger alle pari opportunità e Luis Durnwalder governatore, ha presentato un’interrogazione i cui numeri parlano da soli. Questa volta cambia solamente il bersaglio della protesta. «Le assessore Svp Waltraud Deeg e Martha Stocker dimenticano che sono al potere. E devono fare, non chiacchierare».

Consigliera Mair si aspettava che due mamme su tre impiegate nel pubblico tornassero al lavoro solo dopo 31 mesi?

«Francamente sì. È la riprova che se le mamme possono scegliere liberamente - come avviene purtroppo solo nel settore pubblico - optano per restare a casa a crescere i loro figli. E questo non è uno schema che vale solo per chi risiede in periferia».

Tra pubblico e privato le differenze sono inaccettabili?

«Questi dati confermano, una volta di più, come ci siano donne di serie A e donne di serie B. E questo è assurdo. Siamo nel 2016 e la Provincia non può lavarsene le mani sostenendo che si tratta di una competenza dello Stato. Anche questo è welfare. Perché bisogna garantire la copertura previdenziale - con i soldi dei contribuenti - solo per le dipendenti pubbliche e non per quelle private?».

Ma lei ha una soluzione in tasca?

«Ce ne sono mille, ma sono all’opposizione».

Sì, ma cosa farebbe se fosse in giunta?

«Si potrebbero, ad esempio, sostenere le aziende che garantiscono il posto di lavoro e due anni di contributi previdenziali alle lavoratrici che hanno figli. In questo modo si potrebbero risparmiare parecchi quattrini che attualmente finiscono negli asili nido».

La responsabilità è solo della politica?

«La maggioranza ha le sue colpe visto che parla solo di quote rosa. Mi chiedo poi di cosa si occupino la commissione pari opportunità o le femministe di turno. Molte donne-madri sottolineano, da sempre, questa assurda disparità di trattamento. Che va sanata subito. O dovremo aspettare altri 20 anni e sentire scuse di ogni genere?».

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