Schwazer, anomalie confermate 

La deposizione del colonnello Lago dei Ris. Nei campioni di urina sotto perizia emersi dati quasi inspiegabili sulla concentrazione di Dna Anche il perito parla di possibili manipolazioni dei campioni ma pare impossibile arrivare ad una prova scientifica. Troppe variabili e limiti 


Mario Bertoldi


Bolzano. Le speranze di Alex Schwazer di dimostrare la propria innocenza ed il complotto ordito ai suoi danni come atto di vendetta, sono appese alle nuove tecnologie che offre la scienza sui test genetici. Una battaglia che anche ieri si è confermata decisamente complicata perché dati certi e scientificamente inoppugnabili non ne sono emersi. Come noto al centro del caso ci sono le analisi antidoping disposte sull’ex campione azzurro il primo gennaio 2016. Un blitz a sorpresa in un giorno festivo, a poche ore dai festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno che avrebbe dovuto sancire il ritorno dell’atleta altoatesino (reduce da una squalifica per uso di tecniche dopanti) sulla ribalta internazionale in occasione delle Olimpiadi di Rio de Janeiro. Ieri, nel corso dell’incidente probatorio davanti al giudice Walter Pelino, il colonnello Giampietro Lago ha confermato - almeno in parte - alcune delle anticipazioni trapelate nei giorni scorsi sull’esito del supplemento di perizia. In sostanza l’ufficiale (comandante del Reparto investigazioni scientifiche dei carabinieri ) ha confermato almeno un paio di elementi importanti: il primo riguarda i valori di concentrazione del Dna rilevati nelle urine di Schwazer, il secondo l’impossibilità di poter escludere - proprio a fronte dell’anomalia riscontata - che le urine possano essere state manipolate con introduzione di sostanza organica di un soggetto terzo. Il perito ha rivelato di non aver riscontrato alcun elemento genetico estraneo a quello del marciatore ma ha anche sottolineato che le tecniche attuali non permettono di arrivare ad un risultato di assoluta certezza scientifica vista la possibilità di riuscire a «coprire» piccolissime contaminazioni pilotate.

Anche sul fronte dei valori anomali (in quanto troppo elevati) della concentrazione di Dna rilevate nelle urine dell’ex marciatore, le conclusioni cui è arrivato il perito rafforzano notevolmente i forti sospetti del “trappolone” organizzato ai danni di Schwazer (colpevole di aver contribuito con le proprie dichiarazioni alla condanna di alcuni medici Fidal sempre in materia di doping) ma non portano ad alcuna prova certa. Sono decisivi, al momento, i limiti scientifici sul degrado del Dna nelle urine, soprattutto in caso di congelamento e scongelamento ripetuto. Una situazione che non ha permesso di arrivare a conclusioni certe neppure sull’anomalia più rilevante emersa nel corso della perizia e cioè il livello di concentrazione del Dna palesemente diverso tra il flacone A (tra il resto mai sigillato dal laboratorio di Colonia) ed il flacone B del campione organico. Vi sono dati completamente discrepanti, con valori divergenti anche di tre volte tra un campione e l’altro (proprio per effetto - forse - del diverso trattamento riservato ai reperti organici). Secondo lo studio effettuato dai Ris su cento soggetti terzi (di diversa tipologia) è emerso ad esempio che in caso di congelamento delle urine dopo sei mesi la concentrazione di Dna diminuisce in media del 70 per cento e dopo un anno dell’87 per cento. Ma non mancano le eccezioni. Sulla base di questo studio e del dato riscontrato al momento delle analisi, il perito (che ha analizzato solo nel marzo 2018 campioni congelati prelevati il primo gennaio 2016) ha potuto ipotizzare una concentrazione di Dna nelle urine incriminate di Schwazer di almeno 10 mila picogrammi (milionesimi di grammo) a millilitro. Un dato considerato assolutamente anomalo che potrebbe sicuramente essere dimostrazione di manipolazione del reperto, ma anche di problemi di metabolismo provocati dall’uso di sostanze dopanti o dallo stress fisico provocato da intensi allenamenti o da un possibile quadro infiammatorio patologico. E per inserire nuovi elementi di dubbio, ieri in apertura di udienza l’avvocato Stefano Borella (per conto della Wada) ha depositato a sorpresa (non rispettando i principi del contraddittorio) i risulti di alcune analisi effettuate da un laboratorio specializzato di Losanna il 27 giugno 2016 sempre su urine di Alex Schwazer da cui risulterebbe una concentrazione di Dna di 14 mila picogrammi a millilitro. Un tentativo di dimostrare (ma al giudice non sono stati consegnati i report scientifici delle analisi) che nelle urine di Schwazer la concentrazione di Dna sarebbe stata sempre elevata e che i risultati emersi in perizia, dunque, non sarebbero da considerare anomali.













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