Villa pompeiana e tempio: ecco la «culla» di Bolzano

Straordinario rinvenimento archeologico di epoca romana sotto al Grieserhof Mosaici, capitelli, affreschi, anfore. Il più importante ritrovamento di sempre


di Davide Pasquali


BOLZANO. L’unico edificio pubblico dell’epoca romana finora rinvenuto in Alto Adige. Un tempio. Accanto, la prima villa di lusso in eccellente stile pompeiano, con peristilio, ossia un portico a colonne, al centro una vasca decorata da mosaici, affreschi alle pareti, capitelli corinzi, resti di calici in vetro, ceramiche partenopee, anfore integre, addirittura resti di un ipocausto, ossia di un riscaldamento a pavimento. È il nucleo più antico di Pons Drusi, in altre parole la culla romana di Bolzano. Risale al I secolo d.C. ed è stata rinvenuta durante i lavori per la demo-ricostruzione del Grieserhof.

Una volta demolita l’ala ovest dell’ottocentesca ex villa von Aufschnaiter, sopra si sono rinvenuti degli strati del VI secolo, rimossi per andare oltre. Sotto stanno i resti dell’età del Ferro: capanne retiche, nulla di più. Non verranno scavate per non perdere, e irrimediabilmente, i reperti assai più importanti. Non di questo scavo, ma di tutta la Bolzano antica. I muri di pietra sono straordinariamente ben conservati e indubitabilmente risalgono al I secolo d.C. La datazione della villa è certa. La certificano tecnica costruttiva e piccoli ritrovamenti, ma effettuati in grande quantità. Il più antico è una moneta, un denario con l’effigie di Giulio Cesare: 47 a.C. «Eine Sensation für Südtirol», la definisce la direttrice dei Beni culturali Catrin Marzoli: il primo peristilio mai rinvenuto in Alto Adige. Così ben conservato da aver permesso di ricostruire parte della villa in un plastico. Numerosi gli elementi architettonici in marmo bianco e rosso, di provenienza trentina. Frammenti di capitelli corinzi, fra i pochissimi rinvenuti in provincia. I muri di pietra, di straordinaria fattura, raggiungono i due metri di altezza. In origine la villa era decorata con affreschi, poi precipitati al suolo. Se ne sono raccolte casse su casse: motivi floreali e geometrici. Una testa di donna in pietra, di ottima fattura anche se mal conservata. In un vano a lato, anfore, ancora integre, importate dall’Italia del Nord. Contenevano olio d’oliva o vino. Una assoluta rarità, perché, all’epoca, in area alpina tutto si trasportava tramite botti in legno. Dietro la villa, il primo e finora unico edificio pubblico di Pons Drusi, il centro commerciale e politico posto lungo la via Claudia Augusta verso il Nord. Da anni il professor Guido Rosada dell’università di Padova ammoniva: occhio, ai piedi del Guncina c’era un importante centro abitato. Contatti regolari fra Nord e Sud, ancora prima della conquista romana del 15 a.C.

Nel 1981-82, accanto al Grieserhof, durante gli scavi per erigere un condominio, si era rinvenuta una villetta romana del III secolo. Sotto si era soltanto percepito dell’altro, ma se le suore Terziarie non avessero deciso di cedere il Grieserhof alla fondazione Santa Elisabetta (Curia e Caritas) per farlo ricostruire e trasformarlo in casa di riposo, ora il resto non sarebbe emerso.

È impossibile riassumere l’eccezionalità del ritrovamento in poche righe di cronaca.

Ma qualche cenno può essere utile: su un tavolo a lato del cantiere sono posate le tegole in terracotta, con tanto di scritta incisa con il nome di chi le aveva prodotte. Ci sono le stoviglie, su cui si percepisce il nome (forse) di uno dei proprietari della villa.

Proprio ai piedi di vicolo Bersaglio, lo scavo si addentra nel Guncina. La qualità della muratura è talmente egregia, con tracce di colonnato in marmo, da non lasciare alcun dubbio agli archeologi: edificio pubblico, più antico della villa. Probabilmente era un tempio. L’intero agglomerato scavato, fra villa e tempio, è ampio, con molti vani. Ma è solo una porzione ristretta di un complesso più vasto. E in parte già conosciuto, tanto che nel tardo Medio Evo per realizzare la vecchia parrocchiale di Gries si erano utilizzati pure dei marmi romani. Ora dove possibile, statica permettendo, si continuerà a scavare. Su un lato, per dirne una, si è evidenziato pure uno stanzone. Sotto al pavimento, l’ipocausto. Che, per chi non ha fatto il liceo classico, semplificando si traduce così: riscaldamento a pavimento. Perché questa era la villa di un personaggio eminente, ricchissimo, con molti schiavi e liberti che lavoravano per lui, forse un piccolo senatore romano. In futuro, terminato il rinnovo del Grieserhof, le suore dovranno rinunciare a un piano interrato. L’assessore Mussner ha deciso: l’area verrà musealizzata e aperta al pubblico.

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità