la trama 

Il ritorno al passato di una famiglia all’ombra del famoso campanile

La serie Netflix “Curon”, girata in Val Venosta e disponibile sulla popolare piattaforma a partire dal 10 giugno, racconta di Anna (Valeria Bilello), appena tornata a Curon, sua città natale, assieme...



La serie Netflix “Curon”, girata in Val Venosta e disponibile sulla popolare piattaforma a partire dal 10 giugno, racconta di Anna (Valeria Bilello), appena tornata a Curon, sua città natale, assieme ai figli Mauro (Federico Russo) e Daria (Margherita Morchio), e della sua sparizione misteriosa che costringe i ragazzi a una lunga ricerca, alla scoperta di quello che si cela sotto l'apparente tranquillità di un piccolo paese di montagna. Una trama, hanno spiegato i produttori, suggerita da quel campanile sommerso dall'acqua che la leggenda popolare vuole protagonista di eventi inquietanti. Infatti, privato delle sue campane già nel luglio del 1950, nel corso degli anni sono molti gli abitati del paese che hanno giurato di avere sentito il rumore dei rintocchi provenire dal lago di Resia, come se da quel lontano passato - quando con una decisione contestata il governo italiano decise di inondare la valle – qualcuno volesse comunicare qualcosa.

Non si può scappare dal proprio passato, insegna il dramma di questa famiglia di Curon: perfetta metafora di una convivenza complessa e stratificata dalla storia che caratterizza appieno la vita in Alto Adige. Lo spiegano i due registi, Fabio Mollo e Lyda Patitucci, i quali si sono alternati alle riprese dei sette episodi in cui, a partire da un dramma familiare, si scopre il coperchio di una pentola sotto la quale si rivela la presenza un mondo paesano fatto di segreti e verità non dette. Figli di una madre più amica che educatrice, Anna e Mauro sono chiamati ad affrontare eventi più grandi di loro, quando si scopre che chi li ha messi al mondo aveva deciso di ritornare a Curon per scappare da qualcosa. Alle prese con i problemi di adattamento dovuti allo spostamento da una metropoli a un paese chiuso e taciturno, saranno i due giovani a comprendere che quella fuga/ritorno imposta loro dalla madre, coincide con un viaggio nel posto peggiore possibile. Perché a Curon, ad attendere la famiglia, c'è un passato che parla di una madre la quale in quel paese ha lasciato un amore non consumato, ma anche una gravidanza causa di dolorosa separazione. E questi lasciti del passato, segnalati dalla presenza della punta del campanile perennemente fuori dalla superficie, pian piano emergono, riaprendo ferite ammutolite dall'allagamento forzoso della valle dei ricordi. Uno stratagemma, la fuga/ritorno della madre, che testimonia l'impossibilità di cancellare il peso interiore del passato, appunto, come la storia del campanile nel lago di Resia insegna.













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