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jeanne perego 

Se l’azienda mette tra i benefit anche il test di fertilità


Jeanne Perego


Conquistare nuovi lavoratori qualificati sta diventando sempre più difficile per le aziende in Germania. Molte stanno sperimentando proposte attraenti per i potenziali dipendenti. Caffè e bibite senza limiti, corsi di fitness, massaggi e frutta sempre a disposizione, sono i benefit più comuni. Il colosso farmaceutico Merck ha optato per un approccio insolito: da ottobre paga i dipendenti test di fertilità, terapie ormonali, inseminazione artificiale e persino il congelamento degli ovuli, fino a un importo a cinque cifre.

L’iniziativa non è nuova: negli Stati Uniti, sempre più aziende offrono ai propri dipendenti i cosiddetti “fertility benefits”, ovvero il sostegno ai trattamenti per la fertilità e la procreazione assistita. Volendo fare qualche nome: Apple, Google , Starbucks e la stessa Merck.

Quest’ultima, il da ottobre offre appunto lo stesso tipo di benefit ai propri dipendenti che ne faranno richiesta anche in Germania. Un aiuto importante visto che nel Paese una coppia su sei non riesce ad avere figli in maniera naturale, e la situazione, con numeri in aumento, comporta problemi psicologici e di salute.

La Germania non è un caso unico nel nuovo programma della casa farmaceutica: la Merck lo sta introducendo anche in Gran Bretagna, Cina, India, Taiwan, Brasile, Messico e Svizzera, mentre già lo porta avanti da tempo in Giappone e in Canada. E a partire dal prossimo anno questo tipo di benefit dovrebbe essere esteso anche ai dipendenti di altri Paesi. Il nuovo benefit comprende il sostegno finanziario per i test di fertilità, le terapie ormonali o i trattamenti in vitro che prevedono che l'ovulo venga fecondato al di fuori dell'utero e successivamente reimpiantato. Cicli di trattamento che spesso devono essere ripetuti più volte per a riuscire ad arrivare a una gravidanza, e che in Germania costano migliaia di euro, spesa che normalmente è coperta al 50% dalle casse malattia (in alcuni Land, ad esempio la Baviera, c’è anche un contributo regionale).

Ma, c’è un ma, le casse malattia coprono la spesa solo a determinate condizioni: la coppia che ne fa richiesta, per esempio, deve essere regolarmente sposata. Il programma introdotto dalla casa farmaceutica viene invece offerto indipendentemente dallo stato civile. Per le assicurazioni malattia tedesche le coppie devono anche rientrare in un certo range di età: per le donne il limite nella maggioranza dei casi è di 40 anni, per gli uomini di 50.

Per l’azienda farmaceutica con sede a Darmstadt se una clinica per la fertilità vedrà una reale possibilità di successo del trattamento per persone oltre questi limiti di età darà il proprio contributo, ma lo esclude già nei casi di maternità surrogata.

Matthias Wernicke, direttore generale della sede tedesca della Merck, ha dichiarato: «Il nostro sostegno inizia dove finisce quello delle compagnie di assicurazione sanitaria"». I dipendenti che intendono godere del nuovo benefit per la pianificazione familiare devono presentare la domanda per la copertura dei costi al dipartimento risorse umane in un processo assolutamente anonimo, senza informare i propri superiori. Il rispetto della privacy è assicurato.

Wernicke si aspetta dalle 100 alle 200 domande all'anno da parte dei 13.000 dipendenti tedeschi. Negli Stati Uniti, dove Merck ha attuato una politica simile dal 2010, circa un lavoratore su 100 ha usufruito dell’offerta. Al lancio dell’iniziativa sono sorte perplessità che hanno trovato risposte dall’azienda farmaceutica.

Allo Spiegel, per esempio, che ha chiesto all’azienda che da leader nel mercato dei prodotti per la fertilità vanta la nascita di oltre cinque milioni di bambini, se i dipendenti diventano così degli ambasciatori pubblicitari, Ben Hammada, responsabile delle Risorse Umane ha replicato: «Il nostro programma non copre solo le terapie con i nostri prodotti e nessuno deve parlare del loro utilizzo. I nostri dipendenti possono fare tutto ciò che è necessario rispettando le norme legali e presentare la relativa fattura. Non forniamo i prodotti, rimborsiamo i costi». (giornalista)













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