Il ricordo

Silandro piange Primo Venosti, il bambino adottato dalla valle 

Comunità in lutto. Nel 1937, appena venuto alla luce, venne abbandonato sugli scalini del vecchio ospedale di Silandro  Lo salvarono alcune suore e fu il primo trovatello nella storia della Val Venosta: da qui il suo nome e cognome


Doretta Guerriero


SILANDRO. Sono moltissime le candele “virtuali”, in forma di messaggi di cordoglio, accese in questi giorni sul sito delle pompe funebri Tonezzer di Silandro in memoria di Primo Venosti, con frasi dettate dal cuore da cui traspare il grande affetto di coloro che gli hanno voluto veramente bene.

La comunità venostana è in lutto per la perdita di Primo Venosti, classe 1937. Un personaggio e una persona notissima in tutta la vallata e soprattutto ben voluta. Un affetto scaturito dalla storia del tutto particolare dell’uomo ma anche dal suo carattere: Primo, infatti, era un uomo semplice, una persona gradevole, silenziosa, gentile, amichevole e affidabile. Ha vissuto ogni giorno della sua vita positivamente, con il candore e la genuinità di un bambino, accontentandosi di quello che il destino gli aveva riservato.

La storia di Primo Venosti è certamente particolare perché deriva, e lo si intuisce facilmente, proprio del suo nome. La sua fu senza dubbio una nascita particolare, e anche triste, perché appena venuto alla luce fu abbandonato sugli scalini del vecchio ospedale di Silandro dove lo trovarono alcune suore e dato che era il primo trovatello nella storia della Val Venosta, gli fu dato il nome Primo e come cognome Venosti (derivante da Venosta).

Il destino del bambino sembrava potesse avere una felice conclusione visto che poco dopo il suo ritrovamento fu preso in adozione da una famiglia di Riva del Garda. Purtroppo, però, il piccolo soffriva di attacchi epilettici e la sua permanenza sulle sponde del lago di Garda fu di breve durata; infatti, impauriti dalla malattia, i suoi genitori adottivi ritennero opportuno affidarlo ad un orfanotrofio nel Veneto.

Nel 1963, il ventiseienne Primo tornò a Silandro dove fu riaccolto nell’edificio del vecchio ospedale, divenuto nel frattempo ospizio per le persone sole ed ammalate. In seguito fu trasferito e ospitato nella nuova Casa di Riposo “S. Nikolaus von der Fluhe”, sempre a Silandro.

L’ospizio prima e poi la moderna Rsa divennero la sua casa dove ha vissuto per quasi sessant’anni, facendo sempre con diligenza e coscienza lavori leggeri come riassettare i letti per qualche ospite, accompagnandone alcuni in sala da pranzo spingendo la sedia a rotelle, ritirare o inviare la posta e piccoli pacchi all’Ufficio Postale, pulire l’entrata e le scale e anche la cappella.

Silandro era il suo paese e lui faceva parte integrante di tutta la comunità, specialmente di quella italiana. Frequentava la chiesa dei padri Cappuccini e si dilettava con grande orgoglio a suonare, ad orecchio, l’armonium durante il mese di maggio, quando tutte le sere veniva recitato il Rosario. Don Umberto, dalla fine degli anni sessanta a metà degli anni ottanta, sacerdote e responsabile della comunità italiana, fu il suo più grande amico. Voleva sinceramente bene a Primo e gli dedicava gran parte del suo tempo libero, portandolo a pranzo con lui, in gita e al bar, dopo la celebrazione della santa messa, con i giovani di Comunitas'67.

Primo Venosti, per la sua semplicità e stato davvero una persona importante per gli abitanti del capoluogo venostano , tutti lo salutavano volentieri e si fermavano con lui a scambiare ogni giorno due parole. Il personale della casa di riposo gli era affezionato e lo considerava uno di famiglia. Era impossibile non trovarlo di buon umore, disponibile, generoso, di buon cuore, a chi gli concedeva, ad esempio, un abito diceva sempre sorridendo «Siamo signori». Lo accompagnava una grande fede religiosa e spiritualità, e senza amarezza, confidava agli inquilini della casa di riposo: «In Paradiso potrò chiedere alla mia mamma perché le cose dovevano andare proprio così».













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