I fratelli Iardino e Osti, questione di centimetri

I portieri di Appiano, Sciliar, Virtus raccontano le difficoltà delle giovani promesse di arrivare nei grandi club se non si sfiorano i due metri


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Rimpianti? Uno soltanto: l’altezza». Rispondono in coro Denis Iardino, suo fratello Daniel e Juri Osti: tutti portieri. Denis difende la porta dell’Appiano, Daniel quella dello Sciliar, Juri Osti è l’ultimo uomo della Virtus Don Bosco. Chi invece non ha problemi di altezza è Michael Osti. In realtà neppure gli altri tre sono bassi visto che viaggiano tra il 1.75 e l’1.77. Una statura normale che però diventa bassa a seconda del ruolo che ricopri: portieri i primi tre, attaccante della Virtus Michael.

La promessa. Iardino e Osti si sono resi conto fin da ragazzini che l’altezza avrebbe potuto rappresentare un grave handicap nella loro carriera. Juri Osti a 13 anni (oggi ne 24) era una promessa tanto che i tecnici della Sampdoria l’avevano notato e all’inizio sembravano intenzionati ad investire su quel ragazzino che aveva tutte le caratteristiche giuste per fare bene. «Tutte tranne una - dice oggi ridendo il portiere della Virtus - l’altezza. La Sampdoria alla fine ha preferito puntare su un mio coetaneo che in più di me aveva l’altezza. Mi è dispiaciuto, perché, soprattutto quanto sei un ragazzino, è difficile farsene una ragione. A distanza di anni però sono contento così: faccio il portiere a livello dilettantistico e lavoro come impiegato del settore fiscale».

L’ex dell’Alto Adige. Denis Iardino, 28 anni, ha fatto il portiere professionista: ha giocato nella Sacilese (serie D) e nell’Alto Adige (C2). Sull’altezza ha imparato a scherzarsi: «Per colpa dell’altezza un giorno mi sono preso anche una multa» Ma come una multa?

«Non ricordo se avevo lasciato l’auto in divieto o se era scaduto il ticket, quello che è certo che mi sono fermato a discutere più del previsto con l’addetta alla carta d’identità che, alla voce statura, aveva messo: media. Dall’alto del mio 1.78 avrei voluto scrivesse alta, ma non c’era stato nulla da fare. Scherzi a parte, oggi se non viaggi almeno sull’1.90, non puoi fare molto strada. Le società importanti individuano i potenziali campioni del futuro in Italia e all’estero già da ragazzi. Oggi, molto più che in passato, c’è un’attenzione particolare proprio alla statura».

Pur non avendo l’altezza auspicata, Denis Iardino ha vissuto l’esperienza del calciatore professionista: gli è piaciuta e avrebbe voluto continuare. «Ma quattro anni fa - racconta - ho deciso che era giunto il momento di fare una scelta radicale: sono andato a lavorare in banca. Continuo comunque a giocare (nell’Appiano) e a divertirmi. Anzi, dal momento che gioco da quando avevo 4 anni, non immagino la mia vita senza i tre allenamenti settimanali e l’adrenalina della partita della domenica. Però, a un certo punto, bisogna fare i conti con la realtà e questo lo dico soprattutto ai ragazzini che si avvicinano adesso a questo mondo. Il campione espolde tra i 16 e 20 anni: a quell’età devi già essere in un grande club, se non lo sei è difficile che ci entrerai più tardi. Visto il quadro il mio consiglio è di studiare, per evitare di ritrovarsi a 24-25 anni senza nulla in mano: non sei un campione e non hai neppure un lavoro».

I fratelli. Daniel Iardino, cinque anni in meno di Denis, un lavoro come collaboratore all’integrazione dei bambini problematici, dal fratello ha ereditato la passione per il calcio. Stesso ruolo: portiere ma dello Sciliar. Stessa squadra del cuore almeno all’inizio: la Juve. «Poi però Denis ha cominciato a tifare Parma, perché Buffon, il suo idolo, giocava lì. E’ così che anch’io ho lasciato la Juve per il Parma, mentre Denis è tornato poi all’antico amore». Nonno Nereo è stato il primo tifoso dei fratelli Iardino. Adesso, tutte le domeniche, sugli spalti ci sono i loro genitori: «Una domenica - spiega Daniel - vengono a vedere me. la domenica successiva Denis. E’ l’unico modo per non fare torti a nessuno». Vita più facile per i genitori dei fratelli Osti, visto che giocano entrambi nella Virtus Don Bosco: «La domenica - racconta Michael, 21 anni, l’attaccante di famiglia che lavora nell’edilizia - non si perdono una partita e, se possono, vengono a vedere anche gli allenamenti».

Il caso Rossi. Cosa pensano i fratelli calciatori della reazione durissima di Delio Rossi, ex allenatore della Fiorentina, nei confronti del suo giocatore? Il giudizio è unanime: reazione più che comprensibile. «Da quanto si è saputo - spiega Daniel Iardino - Ljajic avrebbe insultato pesantemente la sua famiglia: lo deve aver toccato su quello che ha di più caro. C’è un limite a tutto: un ragazzino di 20 anni non può permettersi certe cose. L’episodio è stato ripreso dalle tv e ha fatto il giro del mondo, a quel punto l’esonero era inevitabile».

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