Lo strappo dei bizziani «Via dal Pd del potere» 

L’addio: «Scelte calate dall’alto, il nodo è Bressa». Maggioranza infuriata In arrivo un nuovo movimento. Il presidente del consiglio provinciale attende 



BOLZANO. Lo strappo è fatto. Non resta che spiegarne i motivi e parare i colpi di una maggioranza infuriata, a Roma come a Bolzano. I 14 dirigenti e amministratori che lasciano il Pd dieci giorni prima delle elezioni hanno scelto Laives per presentarsi «perché questa è la nostra Caporetto», riferendosi alla perdita del sindaco e all’attuale campagna elettorale del collegio Bolzano-Bassa Atesina con i «due paracadutati Bressa e Boschi». Sulla coppia di candidature chiariscono: «È stata solo l’ultima goccia. E il problema eclatante, tra l’altro, è la sesta candidatura di Bressa, autore di tutti gli accordi sottobanco con la Svp, non la Boschi, la cui “calata” a Bolzano è conseguente all’imposizione di Bressa da parte della Svp. La verità è che al gruppo italiano manca una reale rappresentatività». Per il segretario Alessandro Huber, informato con una lettera, c’è solo una definizione: «Tradimento scellerato». Sono i bizziani senza Bizzo, perché il presidente del consiglio provinciale non ha ancora lasciato il Pd e ieri non si è visto. Arriverà presto. «Mi sono preso un paio di giorni», spiega Bizzo, «Ho sciolto la Margherita per fondare il Pd, è un passaggio più traumatico che per altri».

Ecco i nomi. L’assessora di Bolzano Monica Franch, l’assessore di Ora Luigi Tava, i consiglieri di Bolzano Mauro Randi e Claudio Volanti, di Laives Debora Pasquazzo, di Ora Luisa Zencher e Giulia Cavada, di Egna Alessandro Sartori. E infine se ne vanno i membri dell'assemblea provinciale Gastone Musner, Mario Giovannacci, Pasquale Santillo, Luca Bertolini, Maura Galera anche segretaria del Circolo di Vipiteno e Miriam Canestrini membro della segreteria provinciale. In gennaio avevano scritto un documento contro «le scelte calate dall’alto». Hanno scelto di chiamarsi «Democratici Alto Adige». Useranno questo nome, tra l’altro, a partire da oggi in consiglio comunale a Bolzano, dove il gruppo Pd passerà da dieci a sette componenti. Lasciano il Pd, ma non l’incarico di assessore a Bolzano (Monica Franch) e Ora (Luigi Tava) o i Consigli perché, dice Tava, «siamo espressione di un elettorato di centrosinistra che è molto attento alle persone che vota». Restano in maggioranza. Se l’addio è di 14 nomi, Tava e Randi assicurano che «ci siamo mossi adesso perché c’è un grande mal di pancia nella base. Non parliamo a titolo personale». Randi: «Partecipazione, confronto e rinnovamento sono stati sotterrati». L’assenza di Bizzo suona surreale. Pare che abbiano deciso lo strappo in due tempi per rivendicare la loro identità di gruppo, non schierato dietro il pifferaio magico. La maggioranza la mette terra terra. A Bizzo il tesoriere Calò chiede 32 mila euro. «Mi auguro che la decisione non sia influenzata dall’insolvenza. In ogni caso, un passo così andava fatto dopo il congresso o dopo le elezioni», dice Carlo Costa. «Quando andrò, pagherò quello che devo», replica Bizzo. Ma i conti con il tesoriere non coincidono. «La questione è tutta politica e ci si attacca ai soldi», replica l’interessato. Quanto alle giunte, Christian Tommasini si augura «un passo indietro dettato da coerenza», ma nessuno sembra interessato a creare problemi nel capoluogo. Arriverà Bizzo e arriverà anche una creatura politica per le provinciali. «Ci stiamo lavorando e non sarà una civica da quattro soldi», dicono. Hanno perso il congresso sulla segreteria, ma resta ancora n gruppo capace di spostare voti. Il bersaglio non è contrastare l’elezione di Bressa e Boschi (impossibile), ma un seggio in consiglio provinciale. La maggioranza accusa: «Gesto vergognoso nel pieno di una campagna elettorale in cui l’Italia rischia di finire in mano alla destra». Gli ex Pd rispondono: «Ai nostri affezionati elettori chiediamo di votare per le forze autonomiste dell’area di centrosinistra. La responsabilità è ascoltare i territori. Fare la differenza quando nella politica regna l’autoreferenzialità, essere coerenti e non legati a logiche di potere . Solo alla nostra comunità dobbiamo dare una risposta: quella risposta di dignità e di effettiva rappresentanza che non hanno». Nella lettera di dimissioni tornano anche al 2013, alla giunta provinciale con un solo italiano: «Non vi è stato il minimo tentativo di riportarla a due componenti». Canestrini accusa: «Sistemi ben definiti per mantenere le poche poltrone rimaste». (fr.g.)

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