Venezia: Killing, quando la katana è solo un ornamento

Tecnica e coraggio non sempre vanno d'accordo specie nelle arti marziali. Così è per il protagonista di 'Killing' del giapponese Shinya Tsukamoto, ultimo film in concorso in questa 75/ma edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia che si chiude domani. E che ci sia un problema in Mokunoshin Tsuzuki (Sosuke Ikematsu), giovane ronin (samurai senza padrone), lo si capisce subito: bravissimo nel combattere compulsivamente con il suo amico contadino con il suo bokken di ciliegio (spada d'allenamento), ma con la katana, quella vera, quella che dà la morte, è un'altra cosa. Ci troviamo alla periferia di Edo (la vecchia Tokyo) e nello stesso villaggio del giovane Tsuzuki c'è una contadina (Yu Aoi) alla quale è sentimentalmente legato. Ma quando nello sperduto paesino arriva un gruppo nutrito di balordi pieni di armi, il ragazzo ha problemi nel difendere la sua ragazza e il suo onore di guerriero. Nel frattempo nel villaggio arriva un vero esperto samurai che vuole assoldarlo, ma solo dopo aver misurato il coraggio di uno Tsuzuki in crisi. "Sono partito da un'immagine: quella di un giovane samurai che fissa con ardore la sua preziosa katana - dice il regista oggi al Lido - Un samurai che si chiede, riuscirò davvero ad uccidere un altra persona con questa spada?. Probabilmente qualcosa che è davvero successo nel passato". Dato che oggi non esistono più Samurai, continua Tsukamoto, "Mi sono confrontato con un veterano della seconda guerra mondiale e gli ho chiesto se a lui era successa una cosa simile. Lui mi ha risposto che, diventando soldato, era inevitabile mettere in conto l'idea di uccidere, ma per le persone di oggi, lontane dalla guerra, probabilmente deve essere davvero strano capire cosa può scattare in certi casi" In Zan, questo il titolo originale in giapponese, montaggio frenetico dei combattimenti e introspezione dei personaggi sulla scena nelle loro personali fragilità, come è nello stile del regista che venne premiato nel 2002, proprio al festival di Venezia, per il suo film 'A Snake of June' con il Premio della Giuria. Una curiosità su quanto sia stretto nella cultura dei guerrieri giapponesi il rapporto con la morte. Una delle più importanti riflessioni dell'Hagakure, libro del XVIII secolo, vera bibbia della cultura dei samurai, è: "Ho scoperto che la Via del Samurai è la morte".





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